Il doppio ex. Tulli: "Lupa Roma avversario difficile per chiunque"

10.11.2016 23:45 di  Gianluca Andreuccetti   vedi letture
Il doppio ex. Tulli: "Lupa Roma avversario difficile per chiunque"

Roma – Dal titolo di campione d’Italia con la Roma, conquistato quando era ancora un giocatore della formazione Primavera aggregato alla prima squadra, al biennio in Lega Pro con la Lupa Roma: potrebbe sintetizzarsi così, a dire il vero in maniera alquanto grossolana, la carriera di Alessandro Tulli, centravanti amaranto nella stagione 2002/2003 ed attualmente alla ricerca di una squadra, dopo una non fortunata esperienza nelle file dell’A.S.D. Flaminia Civita Castellana in serie D:

Alessandro, hai trascorso l’ultimo biennio nelle file della Lupa Roma con cui hai conquistato due salvezze in Lega Pro, una sul campo ed una sancita in seguito alla compilazione dei calendari: sei ancora alla ricerca di una squadra oppure, a 34 anni suonati, hai deciso che con il calcio giocato può bastare così?

In tutta sincerità, mi sento bene e in condizione di giocare, almeno per altri due anni: in estate avevo firmato per l’A.S.D. Flaminia Civita Castellana, ma, a distanza di poco tempo, io e la società laziale abbiamo deciso di risolvere il rapporto contrattuale che ci legava. Rimarrò fermo fino a dicembre ed, alla riapertura delle liste del calciomercato, conto di trovare una sistemazione.

Ti vedi ancora nel mondo del calcio anche quando avrai smesso di giocare oppure sai già che il ruolo di allenatore non fa per te?

Guarda, tre anni fa ho fatto il corso di Coverciano per ottenere il patentino di allenatore, a dimostrazione che già in passato ho cominciato a pensare al mio domani su un’eventuale panchina, ma oggi la mia priorità è tornare a calcare il terreno di gioco, almeno per un altro biennio.

Nel luglio del 2002, quando arrivasti a Livorno in prestito dalla Roma, avevi venti anni e tutte le credenziali per diventare un grande calciatore, ma un infortunio patito a Marassi nel mese di novembre ti sottrasse ai campi di gioco per quasi tutta l’annata: cosa ricordi della tua esperienza in maglia amaranto?

Ho un ricordo bellissimo ma agrodolce della mia stagione a Livorno perché la sfortuna volle che, in seguito ad uno scontro di gioco con Domizzi in occasione di una partita infrasettimanale disputata a Genova con la Sampdoria, io mi rompessi spalla e braccio e potei tornare in campo soltanto alla penultima giornata di campionato. Fu un vero peccato perché avevo venti anni, avevo appena segnato il mio primo gol in serie B in occasione della precedente partita contro il Genoa (2-0 il risultato finale, ndr) e giocavo in una squadra veramente forte.

Con un giovanissimo Roberto Donadoni in panchina ed un giusto mix di giocatori alle prime armi (tu, Amelia, Chiellini, etc) ed esperti (Gelsi, Protti, Ruotolo, etc.) in campo, quella squadra, seppure neopromossa, riuscì a rimanere nelle prime posizioni per un lungo tratto del campionato: ve lo aspettavate?

Chiaramente, non eravamo partiti per andare in serie A, ma, strada facendo, avevamo cominciato anche a credere di poter conquistare la promozione: sulla base dell’esperienza che ho accumulato oggi, tuttavia, posso dirti che la serie B è un campionato difficile e che, a gioco lungo, sono destinate ad entrare in campo anche altre componenti che, in quel caso specifico, ci penalizzarono.

A Livorno, nel tuo ruolo, avevi come compagno di squadra un giocatore che avresti ritrovato a Latina esattamente dieci anni dopo: sto parlando di Tomas Danilevicius, che occupa un posto importante nel cuore di tutti i tifosi amaranto. Posso chiederti un suo ritratto come calciatore, da ex compagno di squadra?

Prima che un ex compagno di squadra, Tomas è un amico ed un bravissimo calciatore: con riferimento al mio anno a Livorno, ricordo che all’inizio della stagione trovò molte difficoltà ad inserirsi nella squadra, ma, grazie alla sua caparbietà, riuscì ad imporsi negli schemi del mister e a trovare la via della rete con una certa continuità. Il fatto che si sia ben comportato ovunque sia andato a giocare è lì a dimostrare le sue qualità.

Hai alle spalle una carriera di tutto rispetto, che ti ha portato a vestire le maglie di tante squadre importanti della nostra serie B (Vicenza, Livorno, Salernitana, Triestina, Lecce e Piacenza) e a siglare circa 50 gol tra i professionisti, ma, al tempo stesso, hai mancato abbastanza clamorosamente l’appuntamento con la serie A: posso chiederti qual è stata la soddisfazione più grande della tua storia di calciatore?

La soddisfazione più grande della mia storia di calciatore è stata quella di aver fatto parte, sia pure da attore non protagonista, della rosa della Roma di Fabio Capello che, nel 2001, si aggiudicò il suo terzo scudetto: l’ho portata, la porto e la porterò per sempre con me, anche alla luce del fatto che sono un giocatore cresciuto nel settore giovanile giallorosso e, prima ancora, un tifoso della Roma fin da bambino. Il mio rammarico più grande, invece, resta quello di non aver disputato neanche un minuto in serie A, pur essendo andato in panchina con i giallorossi in due diverse occasioni, quando ero un giocatore della Roma.  

Guardandoti indietro per un attimo, c’è una scelta che non rifaresti oppure un momento della tua carriera in cui, se avessi agito diversamente, il tuo percorso di calciatore sarebbe potuto cambiare?

A distanza di tempo, sono sufficientemente convinto che, nel mercato di gennaio della stagione 2007/2008, non avrei dovuto lasciare Lecce per andare a Piacenza anche se, soprattutto all’inizio, in biancorosso mi sono trovato benissimo: a Lecce,  giocavo in una squadra forte, allestita per andare in serie A e che, grazie a Mister Papadopulo in panchina e ai tanti ottimi giocatori presenti nella rosa, avrebbe centrato la promozione al termine della stagione, ma andai via perché a 25 anni volevo avere più continuità.

Quanto hanno pesato gli infortuni sull’andamento della tua carriera?

In carriera, ho avuto tantissimi infortuni (una rottura del legamento crociato, tre infortuni alla spalla ed uno alla caviglia), ma ciò che più conta è che io abbia avuto ogni volta la forza interiore per rimboccarmi le maniche e ripartire sempre da zero. E, se mi guardo indietro, sono contento di ciò che sono riuscito a fare.

Sabato pomeriggio il Livorno, rinfrancato dalla vittoria con il Prato, andrà a far visita alla Lupa Roma, squadra sostanzialmente in linea con gli obiettivi di inizio campionato, eppure già al secondo cambio in panchina (Di Michele ha preso il posto di Maurizi): che avversario è la Lupa Roma per il Livorno?

È un buon collettivo, formato da un mix di giocatori giovani e giocatori un po’ più esperti, tra i quali ho tanti amici, ed un avversario difficile da affrontare, che non merita l’attuale posizione di classifica. Il ribaltone di questa settimana ha riportato in panchina David Di Michele che, a mio parere, ha tutte le carte in regola per continuare a fare strada nel mondo del calcio e diventare un grande allenatore. Spero che sia una bella partita e faccio ad entrambe un grosso “in bocca al lupo!”

Chiudiamo con una curiosità. Quando vestivi la maglia della Lupa Roma, ti ritrovasti ad avere come allenatore David Di Michele che, fino a non molto tempo prima, avevi avuto come compagno di squadra: secondo te, esiste una difficoltà per il neo allenatore che si trova ad allenare giocatori che, fino a poco prima, erano suoi compagni di squadra?

No, francamente non credo che sia questo il caso e che David possa avere di questi problemi: per come l’ho conosciuto io, si tratta di un allenatore preparato, che affonda le sue convinzioni in un lungo percorso nel mondo del calcio, durante il quale ha avuto allenatori importanti come Zeman e Delio Rossi e, per quanto riguarda la partita di sabato pomeriggio, penso che ripartirà dal suo classico 4-3-3.