Esclusiva. Scazzola: "Livorno, fidati di Favarin, è l'uomo giusto per vincere"

Livorno – A ben guardare le presenze in tribuna, la partita tra Real Forte Querceta e Livorno ha destato l’attenzione di addetti ai lavori giunti da varie parti della Toscana: uno dei più importanti di questi, oltre a Silvio Baldini, è sicuramente Cristiano Scazzola, cinquantaduenne tecnico nativo di Loano con oltre un decennio di carriera alle spalle tra Serie B, Lega Pro e Serie C, nonché reduce da un triennio a Piacenza con luci e ombre.
Mister, che partita è stata quella tra Real Forte Querceta e Livorno?
"Partite semplici non ce ne sono mai: si è trattato di una partita che il Livorno ha vinto meritatamente sia perché ha le potenzialità per fare un campionato diverso da quello del Real Forte Querceta sia perché ha potuto contare sull'aiuto del proprio pubblico, un pubblico che non scopriamo certo oggi e che meriterebbe non solo la categoria superiore, bensì la serie B o la serie A".
Si aspettava di più da una delle due squadre o, in fin dei conti, ha assistito alla partita che pensava di vedere?
"Forse il Livorno non avrà fatto la sua miglior partita, ma ha certamente meritato la vittoria andando anche al di là di quanto dica il risultato di 1 a 0: è normale che le avversarie del Livorno si chiudano e facciano la partita della vita contro gli amaranto per cui, finché la squadra non riesce a sbloccare il risultato, la ricerca dei tre punti non si semplifica".
Secondo Lei, il Livorno ha le carte in regola per recitare fino in fondo un ruolo da protagonista e vincere il campionato oppure, a gioco lungo, correrà il rischio di essere risucchiato nella lotteria dei playoff?
"Vincere i campionati non è mai facile perché bisogna vincere sul campo e non sulla carta, ma il Livorno ha un blasone importante, una società nuova e forte, un pubblico straordinario, una squadra attrezzata e un allenatore esperto per cui penso che gli amaranto siano sulla strada giusta: per tutte queste ragioni, ritengo che il Livorno sia la squadra favorita per vincere il campionato".
Già alla seconda giornata di campionato, il Livorno ha perso Daniele Bartolini, il regista su cui aveva pensato di imperniare la fase di costruzione del proprio gioco: fino a che punto Luci e Caponi saranno in grado di sostituirlo?
"Conosco bene Luci da avversario e ritengo che sia un giocatore straordinario, nonostante l’età: penso che sia assolutamente in grado di svolgere più ruoli per cui ritengo che il Livorno non avrà problemi sotto questo punto di vista".
Durante la partita, ci sono state due fasi in cui l'abbiamo vista particolarmente coinvolto: quando ha salutato Esciua e ogniqualvolta il settore occupato dai tifosi del Livorno alzava i decibel del proprio tifo. Ha avuto modo di conoscere il presidente del Livorno durante l’estate?
"Su questo aspetto, ti devo correggere: non ho salutato il presidente Esciua perchè non lo conosco, ma il mio amico Silvio Baldini, che è stato anche mio allenatore ai tempi della Massese (stagione 1992-93, ndr); capita abbastanza spesso di incontrarsi in giro per gli stadi e lo saluto sempre molto volentieri".
Quanto conta per una squadra riuscire a portare in trasferta un pubblico caloroso e appassionato come quello amaranto?
"Conta tantissimo perché il pubblico livornese sa trasportare e prendere per mano la squadra sia in casa sia in trasferta: non dico che sia come partire sempre da 1 a 0, però poco ci manca".
Mister, lei è un classe 1971 e, dai suoi 35 ai suoi 38 anni, ha disputato tre campionati di serie D con la maglia della Pro Belvedere Vercelli, vincendone uno nella stagione 2008/2009: quanto conta l’esperienza in un campionato come la serie D?
"Penso che l’esperienza conti anche in serie D e che al Livorno non manchi affatto, vista la presenza di giocatori di categorie superiori come Luci, Cesarini e Cori: è necessario, tuttavia, che l’esperienza sia messa al servizio delle “quote” perché in quarta serie è obbligatorio schierare un certo numero di giocatori giovani. Per quanto riguarda il mio caso, posso dire che conobbi la serie D quando ero già un giocatore a fine carriera e disputai tre campionati di serie D con la maglia della Pro Belvedere Vercelli, una società forte che, cammin facendo, riacquisì la denominazione di Pro Vercelli: alla fine del primo anno ci qualificammo per i playoff, alla fine del secondo vincemmo i playoff e alla fine del terzo ottenemmo la promozione nell’allora Lega Pro Seconda Divisione".
Ritiene che, rispetto al periodo in cui Lei ha giocato in serie D, il livello medio della quarta serie italiana sia rimasto invariato o si sia abbassato?
"Ritengo che l’analisi vada fatta in funzione della maniera in cui sono costruite le squadre e della composizione dei singoli gironi: nel caso del Livorno, ritengo che la rosa, creata dal direttore sportivo e messa a disposizione dalla società, sia un organico di primo livello e di categoria superiore".
Ripercorrendo per sommi capi la sua carriera di calciatore e di allenatore, tra i tanti aspetti interessanti ne emergono tre: in primo luogo, ha avuto come presidente Aldo Spinelli a Genova e Roberto Spinelli ad Alessandria. Che ricordo ha della famiglia Spinelli?
"La famiglia Spinelli è stata nel calcio per una vita e ha ottenuto risultati importanti, ovunque sia andata, sia a Genova sia a Livorno sia ad Alessandria: ha portato il Genoa in Coppa Uefa, in una competizione che non aveva mai disputato, e ha riportato il Livorno in serie A; nell’anno in cui ebbi Roberto Spinelli come presidente all’Alessandria, ad esempio, il Livorno arrivò alla finale playoff, poi persa contro il Como".
Nella Serie C 2018-19, quando era alla guida di un Cuneo a cui furono inflitti 21 punti di penalizzazione, sfidò per quattro volte la Lucchese di Giancarlo Favarin, due volte in campionato e due volte ai playout. Che ricordi ha di quelle sfide? Da collega, cosa ci può dire sul tecnico del Livorno?
"Favarin è un ottimo allenatore, un tecnico esperto che ha disputato sempre dei buonissimi campionati e che, in tempi recenti, ha fatto la serie D varie volte per cui si è specializzato in questa categoria. Nel 2018/2019, noi e la Lucchese facemmo due stagioni sostanzialmente simili perché arrivammo a disputare i playout con pesantissime penalizzazioni (21 punti per il Cuneo e 23 per la Lucchese, ndr): al netto delle penalizzazioni, noi avremmo totalizzato 47 punti e avremmo avuto accesso ai playoff, ma la società si rivelò non all’altezza. Giocavamo con otto giovani in squadra e riuscimmo a lanciare giocatori del calibro di Giuseppe Caso, che è arrivato a giocare anche in serie A nel Frosinone, di Celia e di Mattioli".
Infine, Lei è l’allenatore che, più di tutti, ha dato fiducia ad Alessandro Cesarini che, sotto la sua guida, ha giocato per due anni e mezzo, ha totalizzato 58 presenze, 19 gol e 8 assist: che giocatore è il trequartista di Sarzana?
"Negli ultimi anni, Cesarini ha sempre fatto bene, però ha avuto diversi infortuni gravi all’inizio della sua carriera: personalmente, ritengo che Alessandro sia un giocatore importantissimo, forte e che cambia gli equilibri. Per di più, sa fare più ruoli ed è anche un bravo ragazzo: per tutte queste ragioni, ritengo che il Livorno abbia fatto un ottimo acquisto".
Quanto è dura stare fuori? Pensa di tornare presto in panchina?
"Anche stare fuori può servire perché aiuta ad aggiornarsi e a girare: nel corso degli ultimi dieci anni, in cui ho allenato a livello professionistico, sono sempre stato impegnato. Stare senza panchina fa parte del mestiere di allenatore: aspetterò l’occasione giusta".