Claudio Chiellini: "Mio fratello Giorgio esempio di impegno"

08.12.2012 22:19 di  Giulia Volponi   vedi letture
Claudio Chiellini: "Mio fratello Giorgio esempio di impegno"
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Livorno - Molti conosceranno il padre Fabio, fra i migliori ortopedici italiani. Ancor di più assoceranno il cognome al noto fratello gemello Giorgio, difensore della Juventus e della Nazionale. Claudio Chiellini, però, è altro. Il ragazzo educato e gentile, dal sorriso dolce ed i modi garbati, ha un suo mondo, un suo lavoro e un proprio nome.
Rispetto, professionalità, impegno ed anche un po’ di fortuna hanno permesso al non ancora trentenne di farsi una sua strada e di emergere in un mondo non sempre ospitale. Ex calciatore di medio livello, lavora da circa cinque anni come procuratore di calciatori e collabora con pezzi da novanta del settore. Ha acquisito esperienza, stima e competenza, ma ha mantenuto i piedi per terra, è rimasto umile e non ha mai perso la passione. Quella passione che fa la differenza, che rende eccellenti, che permette di andare oltre. Oltre il minimo necessario, oltre la superficie, oltre le apparenze.
Voglia di apprendere e migliorarsi sempre, dedizione estrema e sensibilità convivono, in barba al pensare comune sul calcio e ciò che gli gira attorno. Vita con tante soddisfazioni e qualche sfizio, ma pure ricca di delusioni, rischi e sacrifici.
Cambiamenti, novità e crescita, soprattutto a livello umano, con gli occhi che non tradiscono: sono gli stessi che si illuminavano di fronte a un brick dell’Esta Thé, da calciare insieme ai compagni del liceo, con la lavagna improvvisata come porta; gli stessi che lasciano trasparire profonda ammirazione per il fratello; gli stessi che si posano amorevolmente sulla compagna di una vita; gli stessi che, guardando i poster di Baggio e Del Piero, si commuovono.
Claudio Chiellini ha fatto della sua passione un lavoro e potrà apparire un privilegiato, tuttavia non ha tradito sé stesso e raccoglie solo il frutto dei suoi meriti. Perché se non hai la stoffa, se non hai solidi valori, e soprattutto se non hai il fuoco dentro, fai poca strada.
Forse sarà il sogno di molti giovani, ma l’agente dei calciatori è un lavoro come gli altri, dove niente viene per caso o casca dal cielo. Claudio Chiellini, giovane livornese, è da anni nell’ambiente e spiega la vera realtà che vi è dietro, raccontando la sua esperienza, la sua storia e il suo vero segreto: una passione irriducibile. Sotto un bel sole e di fronte al mare, passa dalla famiglia ai collaboratori, dai suoi assistiti agli anni della gavetta, fino a uno sguardo sul futuro e sugli idoli indimenticabili.
Claudio, come mai hai scelto questa professione?
“Sono sincero, è successo tutto per caso. Mentre studiavo Giurisprudenza all’Università di Pisa ho visto il bando dell’esame per ottenere la licenza sul sito della Figc e mi sono iscritto. Ho avuto la bravura e la fortuna di superare il difficile esame al primo tentativo, era il 30 marzo 2007. Contemporaneamente, Davide Lippi, agente di mio fratello, aveva creato una sua agenzia e aveva bisogno di collaboratori. Mi ha così preso sotto la sua ala e insegnato il mestiere.
In che senso insegnato?
“Essere procuratore è un mestiere che impari sul campo, con l’esperienza, con la pratica. Io non conoscevo niente, non sapevo nemmeno da dove iniziare. Avevo solo tanta passione. Non è stato semplice”.
Molti pensano sia una passeggiata. Qual è la vera vita di un agente dei calciatori?
“Siamo dei nomadi e viviamo col telefonino in mano. Nel fine settimana siamo sempre da qualche parte a vedere due-tre partite, così come quando ci sono turni infrasettimanali o impegni di qualche coppa. Gli altri giorni andiamo ad assistere agli allenamenti o ci occupiamo di eventuali problemi. Il Lunedì è il giorno più tranquillo, dove facciamo il punto della situazione e parliamo con i giocatori con cui non abbiamo potuto comunicare nel dopo partita”.
Avete mai dei periodi di pausa?
“In verità, non molti. E’ un lavoro continuo, perché non si riduce ai mesi di mercato. Devi gestire i ragazzi durante tutto l’anno e non puoi permetterti di rallentare per via della grande competizione”.
Ma di cosa si occupa un procuratore?
“Il lavoro prevede due aspetti. Il primo, prettamente calcistico, riguarda l’attività di scouting e il rapporto con la società e gli addetti ai lavori, nonché la condivisione della vita sportiva degli assistiti, ovvero gli allenamenti e le partite. Il secondo, invece, è psicologico e riguarda il rapporto con il giocatore e la sua famiglia, nel caso dei più giovani. Deve esserci amicizia, fiducia e una conoscenza profonda, un sostegno continuo e incondizionato anche fuori dal campo e per qualsiasi motivo.”
Come sono stati gli inizi?
“Io sono stato fortunato, perché comunque ho un cognome importante nel mondo del calcio. Inoltre, Davide Lippi e Carlo Diana sono stati fondamentali. Ho dovuto, però, fare la gavetta come tutti. La cosa più difficile è stata conquistare la fiducia degli addetti ai lavori. Avevo poco più di venti anni e dovevo confrontarmi con persone anche col doppio della mia età. Approcciarsi alle società è stato in effetti lo scoglio più duro. Mi occupavo soprattutto di scouting e cercavo di farmi conoscere, in definitiva dovevo fare pubbliche relazioni. C’è voluto un po’ di tempo per farmi le ossa”.
E nel frattempo?
“Nel frattempo fai un investimento su te stesso, perché deve esser chiaro che, prima di avere dei ritorni, la strada è lunga. E’ una professione dove non hai certezze e prima di vedere dei guadagni, anche se sei bravo, sono necessari minimo cinque anni”.
Hai citato Davide Lippi e Carlo Diana. Collabori ancora con loro?
“Ho iniziato con loro e continuo con loro. Faccio parte della Reset Group, l’agenzia avviata da Davide di cui accennavo prima. Si occupa di calcio, marketing e gestione celebrities. Una volta al mese ci riuniamo e confrontiamo. Oltre al calcio, mi occupo in parte di marketing e dell’attività commerciale dei giocatori. Devo tutto a loro e agli altri collaboratori, come Luca Pennacchi e Alessandro Veroli, che sono prima di tutto degli amici autentici”.
Sei un ragazzo molto educato e composto, non è un handicap in un mondo con tanta competizione?
“Ho avuto qualche delusione, ma anche molte soddisfazioni. Una persona cresce, impara dagli errori e cerca di adattarsi, rimanendo comunque fedele a sé stesso. Bisogna sempre migliorarsi e avere l’umiltà di cambiare, per lavorare nel miglior modo possibile. Al di là di tutto, molti apprezzano i miei modi ed è ciò che conta. Inoltre, spesso con certi atteggiamenti credi di ottenere di più e prima, ma è solo fumo e niente arrosto”.
Sei stato anche un calciatore, difensore in squadre dilettantistiche. Cosa ti lega a questo sport? Cosa ti affascina?
“E’ difficile da spiegare. Ho sempre giocato fin da bambino, perciò una palla significa ricordi e esperienze bellissime, dentro e fuori dal campo. Inizialmente mio fratello soprattutto voleva giocare a Basket, ma era troppo piccolo per iscriversi. Babbo Fabio così ci ha iscritto alla scuola calcio e da li è iniziato tutto: giocavamo sempre, ovunque e con qualsiasi cosa. Bottigliette, estathé, ecc. Non so perché, ma regala emozioni uniche. Certamente influisce il fatto che in Italia è lo sport più popolare. Tuttavia, credo ci sia di più. Calciare è un gesto naturale, spontaneo, istintivo. Una delle manifestazioni più comuni dei bambini e non solo. Poi ho potuto vivere da vicino il sogno di Giorgio: qualcosa di più dall’essere il semplice appassionato o tifoso”.
Ti piace ancora il basket?
“Sì, soprattutto l’Nba. Onestamente credo sia anche più bello da vedere rispetto al calcio. Molto veloce e senza quelle pause infinite che certe partite riservano. Anche se la mia vera passione resta un’altra”.
Faresti il procuratore in un altro sport?
“No. Devi conoscere ciò che fai. Non ho giocato ad alti livelli, ma conosco le dinamiche di spogliatoio, determinati meccanismi, le varie situazioni che si possono creare. E’ importante sapere per poter consigliare e agire nel miglior modo possibile.”
Che ruolo ha la tua famiglia nella tua vita e nel tuo lavoro?
“La famiglia è importante sempre. Mia madre e mio padre mi hanno sostenuto e aiutato in ogni frangente. Il mio lavoro mette a dura prova soprattutto mia moglie Ottavia, che spesso deve stare da sola. Ma le persone, che ti stanno vicino e ti amano, vogliono il meglio per te. Vedermi felice e lavorare con passione rende felici pure loro e molto tolleranti”.
Chi sono i tuoi idoli del mondo “pallonaro”?
“Roberto Baggio e Alessandro Del Piero. Ho ancora i loro poster appesi in casa e non ho nessuna intenzione di toglierli.”
Quale figura “pallonara” invece ha segnato la tua vita?
“Mio fratello. E’ un esempio. Ha raggiunto il suo sogno con tanti sacrifici e impegnandosi sempre al massimo. Ha dovuto sopperire ad alcune carenze tecniche con moli di lavoro inimmaginabili. E’ un punto di riferimento. Pur giocando ad alti livelli è riuscito a laurearsi in Economia e Commercio, ha dei valori fuori dal comune ed è grazie a quelli se è una persona campione nello sport come nella vita”.
A quale tuo assistito sei più legato?
“Sono legato a tutti indistintamente. Ogni volta che un ragazzo giovane fa il suo esordio in prima squadra è una gioia indescrivibile. Ognuno di loro ha una sua storia e ti regala tanto. Forse Cristiano Novembre, portiere ex Juventus, il primo giocatore che ho seguito, ma solo per quello. Abbiamo un’amicizia fraterna e spesso ci guardiamo insieme le partite.”
Che progetti hai in futuro?
“Io voglio e devo sempre migliorare, crescere. Sia a livello umano che professionale. Ho un lavoro che è quasi completamente autonomo e non mi pone limiti. Non dipendo da nessuno, se non dai miei giocatori. In fondo, sono i giocatori a far bravo un procuratore, non viceversa”.